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Le probabili cause di queste rappresaglie


Nella primavera-estate del 1944 l'attività partigiana andò intensificandosi sempre più, la preoccupazione della RSI (Repubblica Sociale Italiana) per tale fenomeno la si può leggere nei notiziari della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana). Vediamo cosa scrivevano in merito alla provincia di Cuneo:

Notiziario del 12 giugno 1944 – “Promemoria per il Comandante Generale della GNR”
[…] I rastrellamenti effettuati dai reparti della GNR della provincia di Torino, hanno fatto affluire nella zona di Cuneo, come già segnalato, parecchie bande armate, che hanno peggiorato le già precarie situazioni della zona […] I distaccamenti della GNR, e per il numero limitatissimo dei componenti, e per tema di rappresaglie, nulla possono fare per impedire l'attività partigiana […] Per tanto, dato che gli avvenimenti incalzano e dato che anche il carattere della popolazione è passivo quando non si schiera nettamente contrario, è urgente che a Cuneo siano assegnati dei reparti per rinforzare adeguatamente i distaccamenti[...] 

Notiziario del 23 giugno 1944 - “Promemoria per il Duce e per Ricci”
[…] la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica si è aggravata con la intensificazione dell'attività dei banditi […] Altro fattore negativo sulla situazione è rappresentato dalle continue diserzioni verificatesi nei reparti dell'Esercito Repubblicano, nel Battaglione della Polizia ausiliaria della Questura […] L'attività delle bande armate in provincia è in pieno fermento […] I banditi, che prima vivevano in zone montane, vanno acquistando a mano mano ardire e scendono nei paesi e nelle cittadine di pianura […] 
 
Notiziario del 20 luglio 1944 - “Promemoria per il Duce e per il Com.te Gen.le GNR”
[…] le operazioni di rastrellamento svolte in questi ultimi tempi nella provincia di Torino ed altre del Piemonte da parte delle FF.AA [1] germaniche in collaborazione con le «SS» italiane, non hanno finora dato l'esito sperato[...] I bombardamenti e gli incendi senza discriminazione eseguiti dalle truppe operanti, spesso danneggiando chi nulla ne può, aggravano la maggiore avversione che il popolo riversa di riflesso su di noi[...] 

Notiziario del 12 agosto 1944 – “Ordine e spirito pubblico”
[…] La situazione della sicurezza pubblica non accenna a migliorare. Tutti i piccoli centri sono in mano alle bande […] L'arrivo di rinforzi è indispensabile […] 


Approfondiamo la situazione di Piozzo e Farigliano per capire le cause delle due rappresaglie, non prima di citare ancora Carlo Gentile in riferimento alle stragi  perpetrate dai reparti tedeschi: “Alcuni  episodi sono rappresaglie nel senso più convenzionale del termine e pertanto direttamente legati a concreti atti di resistenza da parte di formazioni partigiane... altre ancora, sono legate ad episodi di guerra partigiana o, in maniera più diffusa, alla presenza delle “bande”, inoltre “in alcuni casi si vedrà che il nesso casuale con l’attività partigiana è soltanto apparente e che alcune stragi furono originate, più che da un concreto episodio di resistenza, dall’immaginario collettivo di un esercito in preda a una irrazionale “psicosi del partigiano”, che portava i suoi membri a vedere in ogni civile un potenziale nemico”. [2]

                                                            Piozzo

Per quanto riguarda Piozzo, in quel 5 luglio, come ricordato da alcune testimonianze, una parte dell’autocolonna motorizzata,
partita da Carrù e avviata verso Farigliano, ad un certo punto tornò indietro e si diresse in paese, molto verosimilmente questo fu dovuto ad un fatto inaspettato: è pensabile sia accaduto un “imprevisto” durante il tragitto. Episodio che potrebbe essere il seguente, citato in due dichiarazioni. La prima del piozzese Cesare Vietti sul bollettino parrocchiale: “...pare però che dal belvedere dell’Alba Rosa, (prospiciente a Farigliano) qualcuno abbia sparato su una colonna tedesca uccidendo un graduato: la stessa immediatamente faceva inversione di marcia verso Carrù per dirigersi a Piozzo”, la seconda di Rino Viotto [3]: “Ma qualcuno dalle Verne, forse dalla Porta Rossa, spara sulla colonna tedesca. La risposta non si fa attendere: il tiro delle mitraglie a lunga portata prende come punto di riferimento i due campanili, quello della parrocchia e quello dei Battuti Neri e sul paese piovono pallottole...”.
Come già ricordato in precedenza, il Feldmaresciallo Kesselring, accortosi che il “problema partigiani” era sempre più grave, dal 17 giugno 1944, diffondeva quotidianamente proclami via radio:“La battaglia contro i partigiani deve essere condotta con tutti i mezzi a nostra disposizione e con la massima severitàIo proteggerò qualunque ufficiale che ecceda i nostri normali limiti nella scelta e nella severità dei metodi che egli adotterà contro i partigiani...”. Dopo qualche giorno - gli appelli non bastano più- lo stesso Kesselring, il 1 luglio,  emana un’ordinanza, sotto, uno stralcio. Al punto 3 si legge: “Compiere atti di rappresaglia fino a bruciare le abitazioni poste nelle zone da dove siano stati sparati colpi di arma da fuoco contro reparti o singoli militari germanici”. Sembrerebbe proprio il caso di Piozzo.
I militari di quel reparto recepiscono alla lettera questo ordine, si dirigono in paese e lo incendiano.
Ordinanza di Kesselring del 1 luglio


Pietro Bellino
Un’altro episodio avviene quello stesso giorno a Piozzo. Sempre Cesare Vietti:
Con atteggiamenti violenti cacciarono mio padre su un’ autoblindata, dove nella oscurità intravide un cadavere e un partigiano in divisa da tenente di nome Bellino (si trattava di Pietro Bellino, medaglia d’oro al V.M.) catturato a Magliano Alpi Sottano 
e portato a Piozzo per la fucilazione, probabilmente sulla piazza davanti al municipio”.


Tendo a credere anche in questa 
Anche il periodico fascista di Cuneo
"Piemonte Repubblicano" pubblicava
gli appelli di Kesselring
(Piemonte Repubblicano 

del 1 luglio 1944)
circostanza, che, sia stata una fatalità averlo fucilato a Piozzo: il comandante partigiano si trova già in una delle autoblinda che sul piano della Mellea ha fatto inversione. Probabilmente è stato fermato nei pressi di Magliano Alpi - Carrù, mentre la colonna proveniva da Fossano. E’ in “missione”, ha addosso importanti documenti, ma questo i tedeschi non lo sanno, al momento è uno dei tanti “banditi”. Forse è in “attesa” di essere interrogato e non avendo parlato, il suo destino non è altro che la fucilazione. Non lo sapremo mai.  Nuto Revelli lo ricordava così: “A Piozzo i tedeschi lo mettono al muro. È uno dei tanti, si confonde fra decine di giovani e anziani rastrellati nella zona. Se lo perquisiscono lo fucilano. 

"Piemonte Repubblicano"
 del 05-08-1944
Piero sa di avere addosso alcuni documenti importanti. Studia l’ambiente, a sangue freddo. Attende l’attimo adatto. Poi attraversa la piazza del paese, raggiunge un declivio, si butta giù. Due raffiche, e Piero è fermo per sempre. Senza saperlo i tedeschi hanno fatto un buon colpo”. [4]  
Quel giorno a Piozzo trova la morte anche Attilio Biamonti, uno sfollato settantenne, i tedeschi trovano nella sua casa alcuni bossoli vuoti con cui giocavano i suoi nipotini, lo portano nella piazza e lo uccidono con una mitragliata.



Sebastiano Vendrasco

Stessa sorte è successa, nelle medesime ore, a Sebastiano Vendrasco, fossanese ma abitante a Clavesana in pzza. Vittorio Emanuele, impiegato daziario, catturato vicino al cavalcavia di Farigliano e fucilato in serata nei pressi del cimitero di Carrù.
Ancora dal libro di Viotto:
Solo Cetu, il ciucatè, incurante del pericolo imminente, suona, come di consueto, la campana di mezzogiorno mentre i tedeschi, accerchiato Piozzo, risalgono dalla Valle [...] Cercano chi ha suonato la campana, pensano che il parroco sia d’accordo con i “banditi” ( partigiani) per preparare la resistenza, lo catturano e lo portano a Carrù per essere interrogato da un interprete (sarà rilasciato solo verso sera)...” 
Analoga situazione si era creata a Barge il 1 luglio, quando i tedeschi accusarono il parroco Don Agnese di aver suonato le campane, ma anche in questo caso era lo scampanare di mezzogiorno.
Questo tipo di segnalazione per avvertire i partigiani, effettivamente era abbastanza in uso nei paesi  (certamente non è il caso di Piozzo) e di questa “prassi” i nazifascisti già se ne erano accorti da alcuni mesi, infatti informarono il capo della provincia di Cuneo, Paolo Quarantotto, il quale, il 23 marzo 1944 diffonde una circolare ai comuni in cui invita le autorità comunali ad intervenire “con la massima decisione” affinché queste segnalazioni non avvengano più.



23 marzo 1944. Circolare della prefettura
 sul comportamento in presenza di reparti tedeschi.
 In questo caso indirizzata al comune di Martiniana Po. 
da: Giuseppe Barbero, Ventimesi, isca, 2007








 
Attilio Biamonti, ultimo a destra, con i suoi nipotini 
da : R.Viotto, F.Priola, Piozzo tra storia, memoria e tradizione, 2003



Don Tomatis, parroco di Piozzo, nel suo diario ricordava così la morte di Attilio Biamonti. (ISRC)
Dal diario di Don Tomatis, parroco di Piozzo, il ricordo dell'uccisione di Attilio Biamonti:
"Pare che la squadra la quale ne perlustrò la casa abbia trovato qualche bossolo vuoto abbandonato in precedenza da soldati repubblichini o della brigata Muti con cui si divertivano i nipotini del Biamonti. Senza alcun altra investigazione venne steso al suolo con una raffica di mitragliatrice."
Diario completo di Don Tomatis in Documenti n°27

Vedi anche Appunti di Don Mario Gallo, Parroco di Piozzo (1994)  in Documenti  n°28


Piozzo, Piazza 5 luglio 1944 (allora Piazza Daperis)


Farigliano

Nel caso di Farigliano, motivi “validi” (ovviamente dal punto di vista degli occupanti) da giustificare i gravi fatti del 5 luglio forse potevano essercene. Sicuramente in paese non vi erano basi partigiane ma bastava spostarsi di pochi chilometri per avvertirne la presenza. Aldo Spinardi ("Curtara", autonomo di Mauri): “Il centro di vita con il quale eravamo maggiormente in contatto era ormai divenuto il paese di Farigliano, al quale ci recavamo sovente, sia per provvedere al vettovagliamento, sia per proseguire verso lo Sbaranzo... Certo Farigliano non era un paese difendibile... non dava possibilità di scampo nel caso fossero arrivate improvvisamente le pattuglie dei nostri avversari... Avevamo perciò deciso di trasferirci alla frazione Viaiano... Accanto alla chiesa, la scuoletta di campagna... Nella cascina vicina dormivamo parte nella stalla e parte sul granaio, una grande stanza dalla quale però il grano... era stato prudentemente portato via per evitare che i tedeschi se ne impadronissero. Per noi c'era tutto a disposizione, anzi facevamo cucina insieme ai padroni di casa e uno dei ragazzi volle venire con noi quando, poco tempo dopo ci trasferimmo a Cornole... posizione certo più difendibile e sicura... In Cornole avevamo trovato una sistemazione discreta: i ragazzi dormivano sul fienile e nella stalla, mentre si mangiava sotto una grande tettoia... Io dormivo a circa duecento metri di distanza, nella cascina di un mio parente, Vigin Spinardi...[5] Successivamente anche in Naviante si stabilì un distaccamento della 12^ Divisione “Bra” del comandante Icilio Ronchi Della Rocca, questo avvenne dal dicembre 1944 al 10 febbraio 1945. [6]

Sicuramente gli atti di sabotaggio nel territorio comunale non erano mancati.
Già il 18 marzo 1944, la centrale elettrica in località Navetto (in servizio dal 1942) aveva subito un primo "sabotaggio": più che altro si trattò di una bravata di tre Fariglianesi, Mario S., Mario N. e Rino V. i quali, dopo aver trovato, in un cascinale della Valle di Piozzo, alcune bombe a mano del tipo S.C.R.M. comunemente dette "balilla", decisero di lanciarle, dalla Albarosa di Piozzo, sulla sottostante centrale elettrica.[7]
Sotto, l’estratto del notiziario GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) del 2 aprile 1944, pag. 16




[ Il 18 marzo us., in Farigliano, 4 ribelli armati, si presentarono alla centrale della “Società Elettrica Tanaro e Affluenti”, dove lanciarono alcune bombe, cagionando danni imprecisati.]
Come abbia fatto la GNR ad individuare il numero di "4 ribelli" rimane un mistero... Era notte fonda, erano in tre e oltretutto parecchio lontani dal presidio fascista.

Il secondo sabotaggio, dalle pagine del libro di Mauri:”Si decide un’azione generale per l’alba dell’11 giugno, ognuno tenterà l’azione più opportuna...”. Molto probabilmente quello stesso giorno la centrale viene nuovamente danneggiata [8] da parte dei partigiani del distaccamento Islafran (Italiani-Slavi-Francesi), comandati da Eugenio Stipcevic (Genio lo slavo) e dislocati nei dintorni di Bonvicino, la Lovera.


                                                                                                                
Felice Ballauri


Occorre ricordare che nella centrale del Navetto era insediato un plotone di "Muti", si trattava della Compagnia Speciale Baragiotta, un'altro plotone era dislocato a Caraglio. Questa compagnia era comandata dal ten. Italo Salines, ucciso a Magliano Alpi il 15 giugno durante uno scontro con i partigiani guidati da Italo Cordero (Autonomi). Proprio in questo conflitto perde la vita il partigiano fariglianese Felice Ballauri detto Lice, nato nella fraz. Mellea nel 1923.

Cuneo, settembre 1944
 la compagnia Baragiotta-Salines













In seguito viene fatto crollare il ponte sul Tanaro che collegava Farigliano a Carrù, come si legge da una relazione, sempre di Mauri al CLN del Piemonte :



Anche il ponte ferroviario viene sabotato (non citato nella relazione), ma l'azione è probabilmente opera sempre  degli Autonomi in collaborazione con il gruppo di Lulù. Sempre Mauri: “Lulù si è sbizzarrito a far saltare ponti, specialmente quelli ferroviari e ci ha preso gusto a mandarli in aria coi treni sopra, dopo aver fatto scendere i viaggiatori, perplessi se dimostrarsi più entusiasti o più indignati. [9] Squadra di Lulù, che stando allo stesso Mauri, passerà [10] alle sue dipendenze a fine estate del '44. Sicuramente all’azione, secondo la testimonianza di mio padre che assistette alla preparazione del sabotaggio, parteciparono i due fratelli Prato di Dogliani (tra questi, “Bimbo” braccio destro di Lulù). 
Il locomotore sabotato sul ponte ferroviario
 di Farigliano.
(si trattava di un Westinghouse E550)
Quella mattina numerosi partigiani si trovavano lungo la ferrovia, tra il ponte sul Tanaro e la stazione. Attesero il treno delle 7.06 proveniente da Torino, ed essendo in ritardo, il nervosismo cominciava a farsi sentire anche perché una azione di quel genere attuata di giorno era parecchio pericolosa. Appena arrivò, fecero scendere quei pochi passeggeri e portarono il treno sul ponte. Già nella notte avevano inserito candelotti di plastico in varie buche sulla massicciata. Al brillamento, probabilmente il peso del convoglio fece si che il ponte non crollò. Nei giorni successivi le carrozze furono portate in stazione e sul ponte rimase solo il locomotore. Fu bersaglio più volte di mitragliamenti aerei, (sia sul ponte ed in seguito in stazione, sono tuttora visibili, sulle inferriate, i fori dei proiettili) ma anche di uno “partigiano”: un pomeriggio si trovò da quelle parti Pietro Olivero “Guzzi”, di Carrù, che non esitò a “scaricare” una raffica di Sten sul treno.[11] Dopo qualche tempo, proprio per evitare questi attacchi, tutto il convoglio fu “nascosto” nella galleria di Viaiano: “Sotto il tunnel c’era un treno con una carrozza di prima classe e parecchie altre di terza, e qualche volta ci fermavamo a sentire come era morbido il velluto delle poltrone di prima classe. Il treno non aveva potuto proseguire oltre Farigliano, dopo che avevamo fatto saltare il ponte ferroviario e i contadini, intelligentemente, l'avevano spinto fin sotto la galleria per evitare mitragliamenti da parte degli inglesi ”.[12]



    Lulù in divisa fascista
Francesco Prato " Bimbo"



     Farigliano, ponte crollato sul Tanaro

 

Si è scritto da più parti che i sabotaggi ai due ponti (stradale e ferroviario) avvennero nella notte precedente l’incendio di Farigliano  ma sicuramente accaddero almeno una settimana prima ( e forse anche più) del 5 luglio. Don Giovanni Conterno, nel volume “Dogliani, una terra e la sua storia”, indica il 30 giugno.[13]
Mio padre data gli eventi ancora prima, verso il 25-26 giugno. Italo Cordero nel suo libro “Ribelle” accenna ad una sua azione nella stazione di Clavesana: “...venne bloccato il treno Bra-Ceva... e furono catturate quattro guardie repubblicane... L’indomani la stessa linea ferroviaria venne interrotta con una bomba al plastico che fece saltare la locomotiva”.[14] Questo episodio non è datato, ma dai notiziari GNR si risale a due fatti simili nella stazione di Carrù, il 19 ed il 21 giugno. Stando a queste date, la logica ( seguendo il racconto di Cordero) porterebbe ad indicare come date del sabotaggio il 22 o successivi.

Come già accennato in precedenza, in quel periodo tra gli sfollati, vi era la famiglia Michetti, ecco alcuni passi della testimonianza di Leonardo Michetti, riferita proprio al ponte ferroviario:
Leonardo Michetti

“...abitavamo in vicolo san Martino, mi pare al 13, in due stanze, una sotto l'altra sopra, che affittavamo da "Rucalin", al quale ho venduto il mio primo quadro ad olio, una veduta di Piozzo da Farigliano, in cambio di roba da mangiare, che mia madre mi mostrò una sera, stava tutta nelle sue mani, quando tornavo da fare erba, ed io piansi di gioia perché per noi quelli erano tempi di fame... Dall’ interruzione del ponte stradale all'arrivo dei tedeschi passarono più di due giorni. Il locomotore venne bloccato sul ponte in modo che poteva sembrare che "facesse manovra rispetto al treno in stazione" (così commentava la gente)... e così lo trovarono i tedeschi. Il mitragliamento avvenne con il locomotore sul ponte ed il treno in stazione. Lo posso affermare con sicurezza perché io passai sul ponte della ferrovia (non essendoci più quello stradale) per andare per erba per i miei conigli nel “gurei de dlà da Tane”, proprio quando arrivarono gli aeroplani, e feci appena in tempo a buttarmi giù dalla scarpata di destra prima di vedere le prime due bombe, venivano giù a coppie, oscillando.  Gli aerei, almeno quattro, venivano lungo la ferrovia dalla direzione Clavesana/Naviante. Non sarei passato sul ponte, all'andata, se fosse già stato ridotto nelle condizioni in cui era, dopo il mitragliamento, quando feci ritorno”.[15]


In questi mesi erano anche state interrotte le linee telegrafiche, infatti il comando germanico di Mondovì a fine agosto “presenta il conto” al Comune di Farigliano: 276.640 lire (circa 18-19.000 euro attuali) per le riparazioni, da pagare entro quattro giorni, altrimenti “verranno prese adeguate misure” a carico della popolazione.



Richiesta danni da parte tedesca al Comune di Farigliano
(Archivio ISRC Cuneo)

 
Albert Kesselring in Italia nel 1944
 Bundesarchiv, Bild 101I-316-1195-04/
 Demmer/ CC-BY-SA
A proposito di questi sabotaggi, occorre ricordare il punto 5 dell’ordinanza Kesselring: “ Rendere responsabili gli abitanti di quei paesi dove si verificassero interruzioni di linee telegrafiche o telefoniche nonché atti di sabotaggio relativi alla circolazione stradale (spargimento di rottami di vetro, chiodi o altro, sui piani stradali, danneggiamento di ponti, ostruzioni delle strade)”.

Da questo momento si rendevano “corresponsabili” gli abitanti delle zone controllate dai partigiani con gli atti di sabotaggio o di guerra da questi compiuti

Ma l’episodio che molto probabilmente ha scatenato le ire dei tedeschi e quindi la rappresaglia non si è svolto a Farigliano ma a Belvedere Langhe. Mauri lo cita in due sue relazioni, anche se occorre precisare che la data di questa azione, nei due documenti è errata. E’ altrettanto errata la data riportata sulla lapide situata dopo l’abitato di Belvedere Langhe in direzione Murazzano all’altezza del bivio per le Surie che ricorda i tre partigiani caduti, in questo caso indica il 6 luglio. In seguito, lo stesso Maggiore, nel suo primo libro[16] e poi in “Partigiani Penne Nere, “rivedrà” la cronologia dei fatti datandoli 4 luglio. Anche Italo Cordero, comandante del distaccamento di Roccacigliè, che partecipò all’azione, nel suo volume “Ribelle” conferma la data del 4 luglio. E’ importante stabilire l’esatto ordine degli episodi in quanto ci permette di dare una probabile motivazione alle rappresaglie.

Ecco cosa scriveva Mauri, in una sua relazione, alla data 5 luglio:




A parte la non correttezza della data, è evidente anche l’errore sulla tempistica dell’incendio, avvenuto verso mezzogiorno e non in serata.
Riporto alcuni passi tratti dal libro di Mauri, Con la Libertà e per la Libertà (1947), qui la data è corretta:

4 luglio. Ci attardiamo a tavola oltre il consueto. Leone ci racconta le sue peripezie. [...] Ci interrompe un uomo della guardia venuto ad avvertirci che una colonna motorizzata tedesca sta muovendo da Dogliani verso Murazzano. Bogliolo scatta in piedi, vuole andare a tendere un’imboscata lungo il percorso. Leone prepara gli esplosivi, con Cesco Riera e Piero Mamino. I tre si portano rapidamente al bivio di Belvedere e impiantano le mine in mezzo alla strada. Bisogna far presto, molto presto, il nemico sta per arrivare; ma la miccia è scarsa, come si fa? Ce n’è appena per far giungere il capo ai margini della rotabile. Non importa; si acquattano nei cespugli che bordano la cunetta; l’accenderanno di lì. I tedeschi vengono avanti: precede una macchina: La lasciano passare; ci penserà Bogliolo con la sua pattuglia. Seguono le autoblindo, giungono sulle mine. Uno scoppio e due blindo saltano per aria. La macchina che precede si è fermata; è carica di ufficiali. Bogliolo si fa sotto con i suoi; una bomba al plastico la coglie in pieno e la manda in pezzi. Ma Leone, Cesco e Piero non possono più sganciarsi. I tedeschi li hanno scorti, li crivellano di colpi, sparano da tutte le parti, con i cannoncini, le mitragliere e i mitragliatori. Si buttano sui tre caduti, li straziano; legano i corpi di Cesco e Piero a un autoblindo e poi tornano indietro trascinando i cadaveri nella polvere. Leone rimane solo in mezzo alla strada con la testa schiacciata”.

Lo stesso episodio nelle pagine[17] di Italo Cordero:
Un giorno, era il 3 luglio, venni a sapere che sarebbe dovuta transitare, sulla strada Dogliani-Murazzano, una colonna di tedeschi e pertanto disposi ogni cosa per accoglierla a dovere. Tra l’altro, piazzai alcuni uomini con mitragliatore a protezione dell’imboscata, che doveva aver luogo in prossimità di un pilone. Il giorno 4 si aggregarono, ai nostri, l’artificiere Leone, Mamino e Riera. Le loro bombe fecero saltare i primi automezzi della colonna, che subì gravi perdite e fu costretta a tornare sui suoi passi. Purtroppo, nell’apprestare gli ordigni, i tre coraggiosi, forse a causa della poca miccia a disposizione, dovettero operare in condizioni precarie, tanto che anche Leone, coinvolto nello scoppio di una delle mine, saltò per aria. Gli altri due, individuati dai tedeschi, morirono crivellati di colpi e vennero poi trascinati dai camion nemici fino a Dogliani”.

A Riera e Mamino venne conferita la medaglia d’argento al Valor Militare, e proprio dal testo delle motivazioni c’è la conferma che il fatto si svolse il 4 luglio.



Motivazione medaglia d'argento al Valor Militare a Francesco Riera

Motivazione medaglia d'argento al Valor Militare a Piero Mamino


Tralasciamo il giorno 5 luglio e vediamo cosa successe il 6 luglio, sempre da una relazione di Mauri:





Il medesimo attacco, del 6 luglio, tratto da “Partigiani Penne Nere”:
Attaccano in forze dalla piana di Carrù e, sul tergo da Dogliani a Murazzano. Hanno schierato le artiglierie al bivio di Belvedere e tirano su Roccacigliè, ove credono ci sia il comando. Italo si impressiona e sgombera il paese, anzi ripara precipitosamente al di là del Tanaro e si spinge fino all’imbocco della Valle Casotto. Sulle Langhe si è sempre trovato a disagio...”

Italo, è ovviamente Italo Cordero, che da quel giorno “uscì” dalla formazione di Mauri, per evidenti contrasti con lo stesso comandante, ma questa è un’altra storia.
Che questa seconda battaglia sia avvenuta il giorno 6 lo conferma ancora lo stesso Cordero, sempre nel suo libro. E non dubito non possa ricordare il giorno in cui “sgombera” [cit. Mauri] le Langhe.
Ecco cosa scrive Cordero[18]:
E giungiamo così al 6 luglio. Quel giorno i fatti si svolsero esattamente in questo modo. Mauri, Bogliolo ed io stavamo ascoltando Radio Londra, in casa di Cappa, a Roccacigliè, quando arrivò un partigiano dal posto di blocco delle Surie (Parin) ad avvertirmi che delle forze repubblichine stavano dirigendosi verso di noi. Con il binocolo scorsi infatti un carro armato leggero che si muoveva sopra i Bruni. Chiamai Mauri e gli feci osservare la cosa. Gli domandai, quindi, come avrei dovuto regolarmi, in caso di attacco., Mauri mi disse di comportarmi com’era mia abitudine, dopo di che partì immediatamente, assieme a Bogliolo. Rimasi sbalordito dalle poche parole pronunciate da Mauri [...] Fu allora che presi la decisione più grave ed avventata di tutta la mia vita partigiana. Senza riflettere più di tanto, dissi ai miei uomini presenti, circa 150, di prepararsi a seguirmi, almeno quelli che lo volevano. Si sarebbe partiti immediatamente...”


Ricapitolando i fatti di quei giorni:

il 4 luglio una colonna di tedeschi partita da Dogliani è diretta a Murazzano. A Belvedere viene fermata dagli uomini di Mauri che minano la strada. Saltano “per aria” uomini e automezzi. Muoiono parecchi militari tedeschi ma soprattutto alcuni ufficiali. Perdono la vita anche tre partigiani, Riera, Mamino e Scudeller.
Lo stesso giorno avviene anche una azione di rastrellamento a Carrù[19] ad opera del reparto Polizei-Freiwilligen-Ersatz-Bataillon Italien 2.
Il 5 luglio è il giorno della vendetta, arrivano i rinforzi. Questi, sono gli uomini del Sicherungs-Regiment der Luftwaffe Italien, del tenente colonnello Fritz Herbert Dierich, il reparto “specializzato” nella lotta contro i partigiani, la Bandenbekämpfung, provengono da Fossano.  Molto verosimilmente alla rappresaglia partecipa anche il reparto citato poco sopra, il Polizei-Freiwilligen-Ersatz-Bataillon Italien 2 di stanza a Mondovì, presente in quei giorni a Carrù. I due reparti non si avventurano immediatamente verso le colline, prima occorre dare una lezione alla popolazione per l’agguato subito il giorno precedente, un chiaro segno di intimidazione. A  Piozzo la situazione era relativamente tranquilla, a Carrù fino a quel momento non si erano verificati particolari problemi di sabotaggi, a Clavesana non era possibile arrivare, il ponte che saliva al capoluogo era già crollato, anche se in quella serata, un camion di tedeschi fece una perlustrazione sino al ponte.

Tratto dal settimanale cuneese
 "Il Subalpino"
del 18 dicembre 1945


Non rimaneva che Farigliano, qui i sabotaggi –come abbiamo già ravvisato- non erano mancati, in aggiunta l’ordinanza di Kesselring parlava chiaro: “Rendere responsabili gli abitanti di quei paesi dove si verificassero atti di sabotaggio” ed infatti si dirigono su Farigliano, il ponte sul Tanaro è già crollato, ma il fiume in magra è facile da attraversare, il paese  a pochi passi, tutto molto semplice. Arrivano, uccidono, saccheggiano, devastano tutto quello che trovano ed infine incendiano le case. Questa rappresaglia era anche un chiaro avvertimento ai partigiani per il doppio attacco che i tedeschi avrebbero compiuto il giorno seguente.

Infatti il 6 luglio vi è una duplice azione dei nazifascisti per conquistare le zone collinari di Cigliè, Roccacigliè e Marsaglia. 





Ponte del cotonificio di Clavesana, sabotato il 6 luglio ed il 1 agosto [Cartolina viaggiata 1955] 


Ponte del cotonificio di Clavesana, sabotato il 6 luglio ed il 1 agosto
Una colonna motorizzata [20] tenta nuovamente un assalto nello stesso punto (Belvedere) di due giorni prima e ancora una volta è fermata. Altri tedeschi tentano di avanzare da Carrù-Clavesana verso i Ghigliani per aggirare le postazioni partigiane. Un’azione a tenaglia. Anche in questo caso sono fermati e non vanno oltre il Tanaro a causa del brillamento di una mina che fa crollare in parte il ponte che collega Clavesana a Carrù, proprio durante il passaggio di due autoblindo. Ponte che verrà ancora sabotato il 1 agosto. Era evidente, almeno in questa circostanza, la difficoltà dei tedeschi nel penetrare la Langa Monregalese.

Nonostante si credesse che questo reparto, dopo l’incendio di Farigliano e Piozzo, fosse ripartito per altri paesi, in realtà sostò in queste zone almeno due-tre giorni, proprio per effettuare l'attacco del 6 luglio. Dal diario di don Delpodio, parroco di Dogliani: “6 luglio: verso le 22 il Comando tedesco ordina che siano portati duecento materassi per la notte; stante la tarda ora si trova difficoltà ad averli; vanno a cercarli i due vicecurati don Bessone e don Durando.[21]Stessa prassi a Carrù la sera del 5 luglio, dal diario di un carruccese: “...alla sera hanno pernottato a Carrù, facendosi portare dalla popolazione i materassi per dormire. Anch'io ho dovuto dare il mio.[22]


Le frecce in neretto indicano gli attacchi tedeschi del 4 e  6 luglio '44.



                     
                                            Animazione dell'offensiva tedesca del 4-5-6 luglio 1944

     
La situazione dei distaccamenti degli Autonomi di Mauri nel giugno-luglio1944 nel “Settore Alte Langhe” ( dal diario Mauri).

Distaccamento “Pedaggera” com.te Gildo Milano (30 uomini)
Distaccamento “Torresina” com.te Ten. Filippo Rizza (40 uomini)
Distaccamento “Igliano” com.te Ten. Marco Giacco, (50 uomini)
Distaccamento “Castellino Tanaro” com.te Ten. Renzo Cesale (70 uomini)
Distaccamento “Marsaglia” com.te Maresciallo “Alditore” Salvatore Galatolo (40 uomini)
Distaccamento “Roccacigliè” com.te Serg. Magg. Italo Cordero (90 uomini )
Distaccamento “Ghigliani” com.te “Moro” Giuseppe Bracco ( 40 uomini)
Distaccamento “Clavesana”( Sbaranzo) com.te Ten. Mario Ferraro (40 uomini)
Distaccamento "Cigliè" com.te Ten. Ippolito Alberti ( 80 uomini)
Non in cartina:
Distaccamento “Montezemolo” com.te Ten. Gino Balocco (40 uomini)
Distaccamento “Camerana” com.te Ten. Alberto Cotta (30 uomini)
Distaccamento “Lequio Tanaro” com.te Franco (francese) ( 50 uomini).




Note

1 FF.AA = Forze Armate
2 Carlo Gentile, Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-45, Carocci Editore, 2005, pagg.120-121
3 Rino Viotto, Felicina Priola, Piozzo tra storia, memoria e tradizione, Comunità di Piozzo, Piozzo, 2003, pag.129
4 Nuto Revelli, La Guerra dei Poveri, Einaudi, 2009, pag. 234
5 Aldo Spinardi, No Kaputt, A.S.E. Torino, 1957, pag.177 e seguenti.
6 Renzo Amedeo, Storia Partigiana della 12^ Divisione Autonoma “Bra”, Centro Studi Partigiani Autonomi Torino, 1982, pag.92
7 Rino Viotto, articolo su Paesi Tuoi, "Manifesti clandestini e bombe a Farigliano". 1994
8 Diana Carminati Masera, Langa Partigiana 43-45, Araba Fenice, Boves, 2007, pag.90
9 Mauri, (Enrico Martini), Con la Libertà e per la Libertà, Società Editrice Torinese, Torino, 1947, pag.126
10 Vedi  Documenti n°16
11 Testimonianza di Conterno G.Battista, presente al fatto.
12 Aldo Spinardi, No Kaputt, A.S.E., Torino, 1957, pag.177
13 Giovanni Conterno, Dogliani una terra e la sua storia, Amici del museo, Dogliani, 1986, nota 9, pag.459 
14 Italo Cordero, Ribelle, Fracchia, Mondovì, 1991, pag.113
15 Testimonianza rilasciatami da Leonardo Michetti il 27 novembre 2014
16 Mauri, Con la Libertà e per la Libertà, 1947, pag.102
17 Italo Cordero, Ribelle, Fracchia, Mondovì, 1991, pag.113
18 Italo Cordero, Ribelle, Fracchia, Mondovì, pag.115
19 BAB, R 70 italien/29,310
20 BAB, R 70 italien/29 p.39,41,45,47. E’ confermata dai documenti tedeschi, la presenza del Sicherungs-Regiment der Luftwaffe del ten. col. Dierich, nella zona di Dogliani dal 6 al 8 luglio. Sempre dai medesimi documenti, il 6 luglio questo reparto è anche a Carrù
21 Diario Don Delpodio pag.20 in Giovanni Conterno, Dogliani una terra e la sua storia, Amici del museo, Dogliani, 1986, pag.442
22 Dal diario di un carrucese, sono note solo le iniziali G.F. , in Ernesto Billò, Aria 'd Carù, Ediz. della Cassa Rurale e Artigiana di Carrù, 1980, pag.241

2 commenti:

  1. Ciao, complimenti, molto interessante. Posso chiederti una informazione? Ho visto che hai inserito un notiziario (un pezzetto) della gnr, dove l'hai trovato. mi interesserebbe.
    ciao
    bertu di Alba

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  2. I notiziari li puoi trovare a questo indirizzo:http://www.notiziarignr.it/home/default.asp

    Ciao

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